La collana ‘Quaderni Habitat’ nasce dalla collaborazione instaurata tra la Direzione Protezione della Natura e del Mare e il Museo Friulano di Storia Naturale di Udine. Scopo della collana - organizzata in agili pubblicazioni di carattere monografico - è quello di promuovere la conoscenza di habitat a particolare rischio di degrado o di scomparsa. Si tratta di ambienti, spesso, di particolare pregio che custodiscono elementi faunistici, floristici o vegetazionali degni di nota e che rappresentano piccole ma fondamentali tessere nel grande mosaico del nostro paesaggio.
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N. 1 - Grotte e fenomeno carsico. La vita nel mondo sotterraneo
Le grotte: regno dell’oscurità assoluta e del silenzio, rotto solo dal gocciolare e dallo scorrere dell’acqua. Buio, silenzio, ma non solo: una moltitudine di organismi ciechi e incolori - dai piccoli crostacei ed insetti al mitico proteo - vagano nell’oscurità. Non si tratta di un fenomeno raro e curioso: l’Italia, con il 27% del territorio costituito da rocce carsificabili, conta oltre 33.000 grotte catastate. L’evoluzione ha trasformato ogni massiccio carsico in un mondo unico e irripetibile, dove possiamo trovare numerose specie endemiche, che non esistono cioè in nessun altro posto sulla Terra. È proprio la presenza delle specie endemiche uno dei criteri che la Direttiva Habitat della Comunità Europea utilizza per la scelta delle aree naturali che abbiamo il dovere di tutelare. Questo volume vuole essere una guida al mondo delle grotte e dei suoi abitatori, e vuole rendere accessibile a tutti gli aspetti più rilevanti di una conoscenza scientifica finora racchiusa solo in ostiche pubblicazioni specialistiche.
N. 2 - Risorgive e fontanili. Acque sorgenti di pianura nell’Italia settentrionale
Risorgive, fontanili: sono i diversi nomi con cui le genti dell’Italia settentrionale conoscono, da secoli, quelle venute a giorno di acque provenienti dalla falda sotterranea che caratterizzano il confine tra l’Alta e la Bassa Pianura, dal Piemonte al Friuli. Il fenomeno delle risorgive ha svolto un importante ruolo economico in passato: fornire acqua per l’irrigazione, favorire lo sviluppo delle risaie, trasformarsi in fonte di energia alimentando i mulini. Sono ambienti purtroppo ridotti oggi a piccoli ma preziosi lembi residuali che ospitano, in condizioni quasi sempre precarie, preziose emergenze floristiche e faunistiche. I fiumi che traggono origine dalle acque di risorgiva ospitano una fauna molto varia, accanto ai pesci - oggi minacciati dalle immissioni di ittiofauna estranea - vi trova habitat ideale il gambero di fiume, tutelato dalla attuale legislazione. La flora rappresenta un unicum, con forme relitte, come la drosera o la pinguicola, o endemiche come l’erucastro friulano e la calamaria di Malinverni. Difendere questi ultimi lembi di paesaggio oramai quasi scomparso, rappresenta l’unico mezzo per conservare le specie che in esso vivono.
N. 3 - Le foreste della Pianura Padana. Un labirinto dissolto
I boschi planiziari padani rappresentano ciò che rimane della selva che anticamente ricopriva la Pianura Padano-Veneta, ora quasi del tutto scomparsa a causa della plurisecolare attività antropica. Questi testimoni di antiche vicende naturali ed umane ospitano popolamenti faunistici talora unici al mondo, quali la rana di Lataste o il toporagno della selva di Arvonchi, recentemente descritto come specie nuova per la scienza. Le selve padane offrono inoltre rifugio a numerose specie di insetti come l’imponente cervo volante, recentemente inserito nell’elenco delle specie di interesse comunitario della Direttiva Habitat. Questo “labirinto” forestale padano oggi dissolto è quanto rimane delle grandi foreste a querce, olmi e tigli di epoca preromana, formazione boschiva oggi descritta come Asparago tenuifolii-Quercetum roboris. Conoscere il patrimonio ambientale di queste formazioni è, d’altra parte, la base insostituibile per la conservazione nel tempo di tali lembi boschivi, per goderli nella conoscenza delle loro intrinseche qualità, per educare le nuove generazioni al rispetto del mondo in cui viviamo.
N. 4 - Dune e spiagge sabbiose. Ambiente tra terra e mare
Lunghe distese sabbiose o piccoli lidi incastonati fra baie rocciose: dei 7000 km di costa che bordano la nostra penisola, profondamente incuneata nel Mar Mediterraneo, oltre 3000 sono costituiti da queste fasce di confine fra terra e mare. Le spiagge sono il frutto del continuo modellamento operato dal mare e dal vento, sistemi dinamici in continuo mutamento, alimentati dalle grandi quantità di sedimento che i fiumi portano al mare in equilibrio con ciò che il mare asporta dai lidi. Un rapporto complesso nel quale gioca un ruolo fondamentale lo sviluppo della vegetazione pioniera sulle dune che può permetterne il consolidamento. Molti sono i vegetali endemici di questi difficili ambienti, condizionati da forti sbalzi termici, elevata aridità e presenza di salsedine. Proprio per la loro peculiarità alcuni vegetali, come la splendida Matthiola sinuata, sono protetti dalla legislazione europea. Alcune piccole baie sabbiose delle isole sono l’ultimo luogo ove la tartaruga marina (Caretta caretta) depone in primavera le sue uova. Da soli questi tesori della natura giustificherebbero la tutela di queste aree, fortemente minacciate dall’intenso sfruttamento turistico.
N. 5 - Torrenti montani. La vita nelle acque correnti
Le acque impetuose che scorrono lungo i fianchi delle montagne sono da sempre fonte di attrazione per l’uomo. Vediamo nei torrenti montani ambienti incontaminati ma essi costituiscono un habitat severo e selettivo per gli organismi che lo popolano. Nonostante ciò numerose specie animali e vegetali si sono specializzate a vivere nei torrenti. Ma essere specializzati significa anche essere vulnerabili: gli eventi meteorici, che modellano in continuità le aste torrentizie, e gli interventi umani, anche modesti, possono turbare i delicati equilibri ecologici di questi ambienti. Le attività tradizionali della gente di montagna (pastorizia, selvicoltura) hanno avuto conseguenze limitate sull’ecosistema del torrente e sono fortemente diminuite negli ultimi anni. Ma in concomitanza sono state costruite opere di forte impatto ambientale (briglie, canalizzazioni, derivazioni, arginature), volte a piegare il torrente al volere dell’uomo. Di tutto questo intende parlare il presente volume, dedicato ai torrenti montani: vengono esaminati in dettaglio gli aspetti geologici, botanici e faunistici delle acque correnti italiane d’alta quota, ma non solo.
N. 6 - La macchia mediterranea. Formazioni sempreverdi costiere
Una fascia verde che ricopre i pendii collinari presso il mare, che in primavera si arricchisce delle fioriture gialle delle ginestre, di quelle bianche o rosa dei cisti o di quelle azzurre del rosmarino: ecco la macchia meditteranea. Più da vicino, essa si traduce in un fitto intrico di rami di leccio, corbezzolo, alaterno e lillatro, quando non sia dominata dalla mole delle vecchie querce da sughero o non si risolva nella miriade di foglie aghiformi delle eriche e dei ginepri. Dal punto di vista della fauna, la macchia è il punto d’incontro di specie tipiche di diversi ambienti, ma trova la sua connotazione più caratteristica in altri elementi, di origine steppica o subdesertica. Distribuita soprattutto lungo la fascia litoranea, nel corso dei secoli la macchia è stata largamente distrutta dagli incendi, dal pascolo o dall’antropizzazioni. Questo volume presenta, in forma accessibile ma rigorosa, gli aspetti del popolamento animale e vegetale della macchia, nelle diverse forme che essa assume lungo le coste italiane, e ne mette in opportuno risalto i problemi di gestione e di tutela.
N. 8 - Laghi costieri e stagni salmastri. Un delicato equilibrio fra acque dolci e salate
In prossimità degli apparati deltizi dei corsi d’acqua la forza del mare, contrastando il trasporto dei materiali fini da parte dei fiumi, favorisce la deposizione di una grande quantità di sedimenti che creano lunghe lingue di sabbia e fango parallele alla linea di costa. Sono questi precari cordoni litoranei che consentono la formazione di laghi e stagni costieri; è così che nascono e svaniscono quegli sbarramenti che creano, mantengono o fanno scomparire le zone umide costiere, veri e propri ambienti “in bilico” fra terra e mare. E’ la loro complessa natura che conferisce a questi ambienti una elevata valenza paesaggistica e naturalistica, ma per gli animali e le piante che li popolano si tratta di habitat severi, selettivi, talora “estremi”: solo le specie che presentano adattamenti fisiologici particolari possono compiervi l’intero ciclo vitale. Altre specie però sono attirate dalle risorse alimentari che questi ambienti offrono: parliamo soprattutto degli uccelli, che costituiscono l’elemento più appariscente, conosciuto ed apprezzato di questi ambienti. L’inizio delle grandi bonifiche, volte a strappare alle acque terre per coltivarle e a combattere la piaga della malaria, ha segnato un mutamento drastico nel paesaggio costiero italiano; anche dopo la loro cessazione però le zone umide costiere continuano a venir distrutte dall’espansione delle aree urbane e industriali e dal recente sfruttamento turistico delle coste: sono oramai lembi veramente esigui, ad elevato rischio di estinzione sul territorio italiano.
N. 9 - Le torbiere montane. Relitti di biodiversità in acque acide
Le torbiere montane rappresentano uno degli aspetti naturalistici più peculiari e, insieme, più fragili del paesaggio alpino e - in misura minore - appenninico. Legate ad una precisa combinazione di condizioni di suolo, di clima e di disponibilità d’acqua, esse costituiscono piccole e a volte minuscole isole, all’interno di un mosaico in cui dominano i boschi di conifere ed altre più vistose ed estese vegetazioni montane. Le torbiere sono ambienti a biodiversità piuttosto bassa, la cui componente dominante è rappresentata da grandi muschi acquatici, gli sfagni, ma esse sono l’habitat esclusivo di numerosi elementi floristici di grande pregio, tra cui alcune piccole rare piante carnivore. Un secolare sfruttamento dei preziosi strati di torba, formatisi in questi ambienti per il progressivo accumulo dei resti degli sfagni, ha portato al degrado o alla completa cancellazione di molte torbiere, lasciandone sopravvivere solo un piccolo campionario a cui vanno oggi indirizzate le più vigili misure di conservazione.
N. 10 - Ambienti nivali. La vita in un ambiente estremo
L’ambiente nivale è caratterizzato dalla presenza della neve al suolo per un lungo periodo dell’anno tanto da condizionare non solo la vita degli animali e delle piante, ma anche alcuni processi morfogenetici tipici dell’alta montagna. La biodiversità degli ambienti lungamente o perennemente innevati è bassa a causa soprattutto dei valori della temperatura media, ma gli organismi che vivono in questo habitat presentano eccezionali adattamenti per resistere al freddo, o per camuffarsi in un ambiente bianco e privo di nascondigli naturali. Purtroppo i più recenti modelli climatici prospettano, per il futuro, cambiamenti considerevoli, sia a scala planetaria che regionale: questi coinvolgeranno la copertura nevosa nelle aree alpine situate oltre il limite degli alberi. La previsione che questi ambienti andranno incontro, in futuro, ad una riduzione della copertura nevosa li rende particolarmente interessanti poichè possono fungere da autentici laboratori naturali, in cui sperimentare “dal vivo” gli effetti dei cambiamenti climatici sulla distribuzione degli organismi viventi. L’idea di scrivere un volume sugli ambienti nivali nasce anche da queste considerazioni di attualità scientifica, non disgiunte da un’istanza di tipo conservazionistico: con il procedere del riscaldamento globale lo straordinario patrimonio biologico degli ambienti nivali si troverà inevitabilmente esposto al rischio di estinzione.
N. 11 - Quaderni Habitat n. 11 - Pozze, stagni e paludi. Le piccole acque, oasi di biodiversità
Scrisse Konrad Lorenz: “recatevi con un vasetto e con un acchiappafarfalle allo stagno più vicino, immergete alcune volte la rete, e raccoglierete una miriade di organismi viventi”; e ancora “Dopo la reticella venne la lente d’ingrandimento, dopo di questa un modesto microscopio, e con ciò il mio destino fu irrevocabilmente segnato”. Lo stagno, la pozza e la palude sono infatti gli ambienti naturali che al loro interno racchiudono tutto ciò che si può imparare sull’ecologia. Ma l’interesse ed il fascino di questi ambienti non sono limitati alla scienza o alla didattica; gli stagni fanno parte delle tradizioni contadine, siano stati essi riserve di acqua potabile o irrigua, abbeveratoi per il bestiame o per la fauna selvatica, non sono mai mancati in prossimità dei piccoli borghi rurali. Venute meno le attività economiche tradizionali legate a questi ambienti, accresciutosi il bisogno dell’uomo di espandere le aree urbane e industriali o le attività agricole estensive a spese delle zone umide, stagni, pozze e paludi hanno subito un inesorabile quanto rapidissimo processo di declino e sono oggi considerati tra gli ambienti più minacciati in Europa. Da queste considerazioni nasce l’idea, oseremmo dire la necessità, di scrivere questo Quaderno Habitat, che ha l’ambizioso proposito di riportare all’attenzione del grande pubblico il valore di queste “piccole acque”: piccole per dimensioni, ma di grande valore per la conservazione della natura.
N. 12 - I prati aridi. Coperture erbacee in condizioni critiche
I prati aridi, che possono assumere l’aspetto di pascoli o di prati-pascoli, sono diffuse formazioni vegetali caratterizzate da prolungata carenza di acqua utilizzabile dalle piante, in una situazione a metà strada fra la foresta e il deserto. Questi ambienti sono caratterizzati da una ricca vegetazione erbacea, in cui prevalgono piante a ciclo vegetativo breve e che fioriscono presto a primavera, prima che la siccità estiva inaridisca eccessivamente il suolo. Per la fauna, ricca anche di insetti, di rettili e di piccoli mammiferi, spicca l’abbondanza di specie di uccelli che gravitano intorno ai prati aridi: fra questi, molti rapaci come il capovaccaio, il falco grillaio e il lanario e, in particolare, tre specie strettamente legate a questi ambienti: l’occhione, la calandra e, soprattutto, la gallina prataiola, ormai rarissima in Italia. In molti casi, i prati aridi rappresentano habitat seminaturali, di origine secondaria. Meritano tuttavia un’attenta gestione conservativa ed una difesa dal rischio di incendio e dall’eccessivo diffondersi di specie vegetali avventizie, sia per la notevole ricchezza biologica che ospitano, sia per gli importanti significati culturali e paesaggistici che spesso sono ad essi legati.
N. 13 - Ghiaioni e rupi di montagna. Una vita da pionieri tra le rocce
Rupi e ghiaioni della fascia montana e submontana sono ambienti di elevato valore paesistico, ma difficili da colonizzare, sia per le piante che per gli animali. I suoli sono ovunque poveri e superficiali, e alla struttura compatta delle pareti rocciose si contrappongono l’instabilità e il continuo dinamismo dei ghiaioni. Piante specializzate, molte delle quali hanno areale geografico assai ristretto e sono pertanto tra gli elementi più significativi della flora italiana, sono però capaci di fissarsi sulle pareti verticali o di sopravvivere alle condizioni instabili delle pietraie mobili. La fauna è soprattutto rappresentata da vertebrati e, tra questi, dagli uccelli, che proprio dall’inaccessibilità dei luoghi scelti per nidificare si mettono al sicuro dagli attacchi dei predatori. Rettili ed invertebrati sfruttano invece le condizioni favorevoli di esposizione alla luce e al calore dei raggi solari. Nonostante la loro scarsa accessibilità, questi ambienti, purtroppo, sono spesso interessati da un pesante impatto antropico, che si traduce in sbancamenti stradali, apertura di cave e di discariche, frequentazione intensa di pareti rocciose dove l’ingombrante presenza umana entra in competizione con quella degli uccelli nidificanti, ma anche in alterazioni del delicato equilibrio che caratterizza il complesso ecosistema dei ghiaioni.
N. 14 - Laghetti d’alta quota. Perle nel paesaggio di montagna
Chiunque pensi ad un laghetto d’alta quota materializzerà nella sua mente la classica immagine di un piccolo bacino incastonato in un verde bosco di conifere o adagiato in una assolata conca tra detriti e vette incombenti. Al di là di questo luogo comune, il concetto di laghetto d’alta quota racchiude in sé una complessa serie di caratteristiche geomorfologiche e biologiche. Le specie animali e vegetali hanno colonizzato i laghetti d’alta quota seguendo il ritiro dei ghiacciai quaternari e sono rimaste in alcuni casi intrappolate in essi come “relitti”. Questi organismi hanno dovuto poi confrontarsi con le severe condizioni ambientali delle alte quote: clima rigido, elevate radiazioni ultraviolette e scarsità di nutrienti. Solo poche specie possiedono i necessari adattamenti per sopravvivere: ne consegue il grande interesse scientifico e conservazionistico dei relitti glaciali. Chi però immagina di scoprire dalla lettura di questo volume che i laghetti d’alta quota sono ambienti remoti e incontaminati rimarrà purtroppo sorpreso: il turismo di massa, l’utilizzo a scopi idroelettrici e potabili, l’indiscriminata immissione di pesci, l’acidificazione e l’apporto di inquinanti con le precipitazioni, l’aumento della radiazione ultravioletta causato dalla riduzione dell’ozono nell’atmosfera, l’innalzamento della temperatura causato dal cambiamento climatico globale minacciano la sopravvivenza di questi ambienti. Si tratta di un S.O.S. che questo volume della Collana Quaderni Habitat vuole lanciare in difesa di alcuni tra gli ambienti di maggior fascino e di più rara bellezza del nostro Paese.
N. 15 - Le faggete appenniniche. Avanguardie e relitti di foresta continentale
La faggeta è il bosco di latifoglie dominante lungo tutti gli Appennini e in Sicilia nordorientale, nella fascia altitudinale compresa fra i 900 e 1900 metri. Nel corso dei secoli, tuttavia, il taglio degli alberi, gli incendi e l’avanzare dei pascoli ne hanno ridotto sensibilmente la diffusione. Condizioni diverse di suolo e di esposizione determinano una grande diversità fisionomica all’interno delle faggete appenniniche, e questa si traduce nella diversità delle specie vegetali che vi si accompagnano. Anche la fauna ruota strettamente attorno alla specie arborea dominante, con vistose fluttuazioni numeriche nelle popolazioni di uccelli e di mammiferi che dipendono dall’abbondanza dei frutti del faggio, assai variabile da un anno all’altro. Di grande interesse naturalistico è la fauna che si insedia nel legno morto, nelle faggete meglio conservate. Le faggete sono ambienti di grande pregio naturalistico, ma sono anche boschi sfruttati dall’uomo per la produzione del legnatico. Il futuro di questi ambienti, come è discusso in questo Quaderno Habitat, è pertanto legato al delicato equilibrio tra una responsabile gestione silvicolturale e un’accorta politica di conservazione dell’intero ecosistema forestale.
N. 16 - Dominio pelagico. Il Santuario dei cetacei “Pelagos”
La massa d’acqua sovrastante i fondali marini costituisce il dominio pelagico, ambiente marino vasto ed in continuo mutamento e che, a prima vista, può sembrare piuttosto omogeneo. La maggior parte dei suoi componenti viventi è costituita da elementi di piccola taglia e con breve ciclo di vita. I cambiamenti della loro composizione, sia per la parte vegetale che per quella animale, in un determinato luogo, possono essere considerevoli e repentini e influenzare gli altri anelli della catena trofica. La modificazione delle masse d’acqua è la principale causa dei cambiamenti della composizione dei popolamenti, capaci di compiere anche notevoli migrazioni verticali sia per la componente planctonica che per quella nectonica. Per descrivere il dominio pelagico, questo quaderno prende come esempio il Santuario per i Mammiferi Marini nel Mediterraneo, “Pelagos”, sorto grazie ad un accordo tra Francia, Italia e Principato di Monaco. È un’ampia zona del bacino corso ligure provenzale, una delle aree meglio note del Mare Nostrum, che si estende per più di 87000 km2. In quest’area, per le peculiari caratteristiche oceanografiche e trofiche, si assiste ad una notevole concentrazione di grandi pelagici, in particolare cetacei, ma anche cefalopodi, tonni, pesce spada e squali pelagici, di grandissimo richiamo per un pubblico sempre più vasto. In un sistema ad alta biodiversità, il krill del Mar Ligure, Meganyctiphanes norvegica, assume il ruolo di chiave di volta.
N. 17 - Laghi vulcanici. Il fuoco, l’acqua e la vita
Sorvolando la nostra penisola, rotondeggianti specchi d’acqua del colore del cielo, circondati da rive scoscese, inevitabilmente attraggono l’attenzione anche del viaggiatore più distratto. Si tratta dei laghi vulcanici, ambienti unici per la loro genesi nel nostro Paese, che hanno da sempre accompagnato l’uomo nel suo sviluppo socioculturale in un contesto naturale di elevata bellezza, testimoniato dagli insediamenti neolitici, dagli acquedotti romani, dai piccoli borghi medioevali. Risultati di anni di ricerche hanno messo in evidenza gli elementi che rendono i laghi vulcanici ambienti di grande interesse per la Scienza. In primo luogo la loro origine, frutto del vulcanismo quaternario che ha generato i crateri e le caldere che ospitano oggi questi bacini. Alle peculiarità geologiche, questi laghi affiancano una natura di pregio, costituita da comunità animali e vegetali che rappresentano un serbatoio di biodiversità di inestimabile valore naturalistico. Proprio per questi motivi, la totalità di questi ambienti è inserita in aree sottoposte a tutela. Purtroppo però numerose attività antropiche, quali la modificazione delle linee di costa, l’agricoltura intensiva, il sovra-pascolamento, il turismo, il prelievo idrico, nonché l’introduzione di specie aliene hanno causato negli ultimi decenni un peggioramento della qualità delle acque e un danneggiamento della flora e della fauna. Questo nuovo volume dei Quaderni Habitat nasce per portare un contributo alla conoscenza e alla tutela di questi laghi, con cui l’uomo ha saputo convivere per millenni, ma che sta attualmente deteriorando in modo irreversibile.
N. 18 - I boschi montani di conifere. Un mantello di sottili aghi verdi
Nel paesaggio forestale montano - in quello alpino in particolare - dominante è il ruolo delle conifere e presso le comunità che da secoli sono insediate in queste aree gli abeti e i pini sono considerati elementi familiari, spesso protagonisti nella cultura quotidiana. La vegetazione bassa che si sviluppa ai piedi di questi alberi è fortemente condizionata dalla natura acida dei terreni ed è spesso dominata da estesi tappeti di muschio, ma ospita anche pregevoli piante erbacee che rappresentano, nel nostro paese, altrettanti relitti dell’età glaciale. All’interno dei boschi di conifere, le condizioni di esistenza sono meno facili di quanto potrebbe suggerire il loro fogliame sempreverde (solo il larice perde ogni anno le sue foglie). Pigne e polline offrono poco cibo e il legno delle conifere è protetto dalle resine, che però non impediscono lo sviluppo di un’interessante fauna specializzata. Caratteristici e diffusi sono i grandi nidi delle formiche rosse. Da secoli la vegetazione forestale dei territori montani è oggetto di interventi, utilizzazioni e trattamenti che hanno largamente modificato l’assetto originario, guidandone l’evoluzione. Un solido impegno culturale, ancor più che economico, è necessario oggi per conservare e migliorare questo patrimonio che merita di essere conosciuto e valorizzato.
N. 19 - Praterie a fanerogame marine. Piante con fiori nel Mediterraneo
Le fanerogame marine costituiscono habitat di grande pregio negli ambienti marini e salmastri costieri, sia per quanto riguarda il paesaggio sommerso sia per il loro ruolo ecologico. Si tratta di un gruppo di angiosperme monocotiledoni, piante con fiore simili al grano,all’erba, che sono ritornate in mare circacentoventi milioni di anni fa. La presenza dei fiori e quindi dei frutti e semi,consente di distinguere, in modo inequivocabile, queste piante dalle alghe con le quali comunemente sono confuse. Oltre a Posidonia oceanica e Cymodocea nodosa, nelle acque marine italiane si rinvengono Zostera marina eNanozostera noltii piuttosto rare, e una specie alloctona,Halophila stipulacea. Queste praterie costituiscono un rifugio per molti animali, per alcuni rappresentano un ambiente esclusivo di vita. La prateria di Posidonia oceanica è considerata habitat prioritario per la Direttiva 92/43/CEE ed ha un importante ruolo di bioindicatore: il suo stato è indice generale della qualità dell’ambiente migliore e più completo di qualsiasi altro parametro, sia esso microbiologico, chimico e fisico. Purtroppo oggigiorno si assiste, lungo gran parte delle coste italiane, ad una sostanziale riduzione delle superfici dei posidonieti.
N. 20 - Le acque sotterranee. La biodiversità nascosta
Nelle profondità della esistono mondi sommersi e sconfinati, ma sconosciuti ai più. Un polmone idrico, perfuso e diffuso, dal quale l’Umanità tutta dipende imprescindibilmente per la sopravvivenza: le acque sotterranee. Un mondo nascosto che racchiude, come in uno scrigno, verità nascoste. Un ecoregno ricco di forme di vita, dalle più semplici alle più complesse, dove non esistono piante verdi e dominano gli organismi animali. Una biodiversità che pochi conoscono, semplicemente perché non si vede: oscura come oscuro è il mondo che la ospita. La ricerca ha aperto di recente lo scrigno in questo mondo nascosto, ha scoperto questa realtà biologica e la sta ancora studiando. Non passa giorno che non si faccia una nuova scoperta: specie, generi, famiglie, classi intere sconosciute alla Scienza. Eppure, gli organismi che vi abitano, gli stigobi, non sono tutelati, come non lo è l’intero ecosistema sotterraneo, solo perché la sua dimensione ecologica non è ancora riconosciuta, salvo il caso del proteo, dalla normativa vigente, sia a scala nazionale che internazionale. La fauna stigobia, assieme a batteri e funghi, assicura l’autodepurazione ed è quindi essenziale al mantenimento della qualità delle acque sotterranee che, ricordiamo, costituiscono la più importante riserva idropotabile per l’Umanità. Emungimento incontrollato, inquinamento, cambiamenti climatici hanno attivato un meccanismo che sta portando non solo al deterioramento della qualità e quantità delle acque sotterranee, ma anche al declino della loro straordinaria biodiversità. Questo volume si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica e i portatori d’interesse nei confronti di questo patrimonio scientifico ed economico.
N. 21 - Fiumi e boschi ripari. Calme vie d’acqua e loro margini ombrosi
Anche se le acque dolci non sono che una frazione piccolissima dell’intera idrosfera, e solo una parte di esse scorre in superficie in un alveo fluviale, i fiumi sono forse il più attivo e potente fra tutti gli agenti modellatori del paesaggio. La vegetazione acquatica resiste alla corrente, anche forte, radicandosi bene sul fondo. Si fa più fitta lungo le rive, dove presto le carici e le canne lasciano spazio a una vegetazione legnosa dominata dai salici, dagli ontani o dall’olivello spinoso. Il fiume e le sue rive sono l’ambiente vitale di moltissime specie animali - acquatiche, anfibie o terrestri - ma sono anche la via che seguono l’anguilla e le lamprede, quando migrano dal mare e verso il mare, e la traccia preferita negli spostamenti da parte degli uccelli che frequentano rive e boschetti lungo i fiumi. Arginature, sbarramenti, canalizzazioni, spostamenti d’alveo, diversioni di bacino e, infine, i più diversi inquinanti - urbani, agrari e industriali - riversati nelle acque hanno alterato profondamente i fiumi e le loro golene, abbattendo la capacità autodepurativa delle loro acque e giungendo anche a incidere sulla capacità di ricarica delle falde. Fauna e flora dei fiumi e delle rive sono inoltre minacciati dall’incessante introduzione di specie esotiche, non di rado assai competitive.
N. 22 - Biocostruzioni marine. Elementi di architettura naturale
La capacità di alcuni organismi di costruire strutture permanenti (biocostruzioni) aumentando volume, complessità ed eterogeneità dell’habitat, caratterizzando così il paesaggio subacqueo, è un fenomeno di notevole importanza scientifica e pratica: le biocostruzioni coinvolgono, infatti, molteplici aspetti, da quelli biologici ed ecologici a quelli ambientali e climatici. Sono due le strategie fondamentali sulle quali si basa una biocostruzione: il gregarismo e la colonialità. Tra le biocostruzioni il coralligeno è senza dubbio tra le più interessanti e complesse: non è una vera e propria comunità ma un insieme di comunità, risultato dell’equilibrio dinamico tra gli organismi costruttori, fra i quali fondamentali sono le alghe calcaree, e quelli distruttori. Il coralligeno, oltre che nel suo aspetto primario con dominanza di alghe calcaree, può presentare facies con dominanza animale: grandi briozoi ramificati, madreporari coloniali, gorgonacei. In questo volume, oltre al coralligeno, vengono trattati le piattaforme a corallinacee e vermetidi, i banchi a Cladocora caespitosa e a policheti(Sabellaria e Ficopomatus), le facies a corallo rosso e briozoi, le associazioni a rodoliti, le biocenosi dei coralli profondi. Molteplici sono le tipologie delle biocostruzioni presenti nei mari italiani, tutte soggette ad una forte pressione soprattutto antropica, basti pensare alla raccolta indiscriminata del pregiato corallo rosso o ad alcune metodologie di pesca. Sono habitat che caratterizzano il paesaggio marino e necessitano di grande attenzione e tutela, per evitare la scomparsa di preziosi hot spot di biodiversità.
N. 23 - Lagune, estuari e delta. Una frontiera fra mare e fiumi
Delta, lagune, estuari: tre ambienti prodotti dalle strette interazioni tra i fiumi e il mare. Ambienti che richiedono agli organismi di realizzare il difficile adattamento all’incessante alternanza di condizioni in parte continentali in parte marine. In questa singolare fascia di transizione fra terra e mare, le piante a fiore competono con le alghe verdi per il ruolo di dominatrici della vegetazione sommersa. Il popolamento di questi ambienti è composito, sia nella sua componente acquatica, sia in quella che ne colonizza le rive. Vi sono specie di origine marina, ma capaci di tollerare acqua a salinità bassa e variabile. Poche specie, come l’anguilla e gli storioni, alternano la loro vita fra mare e fiume, attraversando lagune e delta nel corso delle loro migrazioni. L’aspetto più vistoso della fauna di questi ambienti è costituito dagli uccelli acquatici, numerosissimi soprattutto durante il periodo invernale, quando gli specchi d’acqua si popolano dei migratori che qui sostano prima di spostarsi ai loro quartieri riproduttivi. Fragili come è tipico degli ambienti di transizione, delta, estuari e lagune hanno profondamente risentito della massiccia urbanizzazione dei litorali, che ha portato ad una drastica riduzione delle caratteristiche formazioni a barena. Quanto sopravvive del popolamento originario deve fare oggi i conti con un numero crescente di specie aliene che entra in competizione per lo spazio vitale.
N. 24 - Gli habitat italiani. Espressione della biodiversità
Allungata per mille chilometri da Nord a Sud, fra l’elevata catena alpina che la separa dall’Europa centrale e le acque del Mediterraneo, l’Italia presenta una ricchezza di situazioni ambientali che non ha paragone nell’intero continente europeo. Se a questa ricchezza di habitat aggiungiamo le oltre 57.000 specie animali, le circa 6.700 specie di piante vascolari e le molte migliaia di specie riferibili ad altri grandi gruppi di organismi viventi, come i funghi e le alghe, potremo comprendere lo straordinario valore della biodiversità in Italia, ulteriormente impreziosita dall’elevatissimo numero di specie endemiche, il cui areale di distribuzione non supera i confini del nostro Paese. Gli habitat e il popolamento vegetale e animale hanno dovuto però fare i conti con una presenza umana che si è spesso lasciata andare, soprattutto in un recente passato, ad un’azione distruttiva che ha inciso drammaticamente su ecosistemi fragili come gli ambienti litoranei, le torbiere, le risorgive. La collana “Quaderni Habitat” si conclude con questo volume, che riepiloga i lineamenti principali della diversità ambientale dell’Italia. Il lettore è invitato a immergersi in questa realtà così ricca di situazioni uniche e di preziose presenze vegetali e animali, per condividere anche la responsabilità di una sua gestione sensibile e consapevole.